MINI GUIDA INFORMATIVA SULLA LETTERA Q DELL'ACRONIMO LGBTQIA+
Il termine “queer” è stato impiegato per lungo tempo in modo dispregiativo in lingua inglese per indicare ciò che era considerato “strano”, “diverso” o “insolito”, spesso riferito alle persone omosessuali, in particolare ai gay effeminati. Tuttavia, dalla fine del XX secolo, la parola è stata rivalutata dalla comunità LGBTQIA+, assumendo col tempo un significato radicalmente nuovo, più ampio e inclusivo. Oggi “queer” indica un rifiuto consapevole delle categorie rigide e tradizionali che vedono il mondo diviso in coppie contrapposte: etero/omo, uomo/donna, cisgender/transgender.
1. Cosa
significa esattamente “queer”?
Queer è un termine ombrello che indica
persone la cui identità di genere, espressione di genere o orientamento
affettivo-sessuale non rientrano pienamente nei modelli tradizionali.
Uno dei
motivi per cui il termine queer genera confusione è che spesso si
mescolano questi 3 piani che invece è utile distinguere:
- Identità di genere: come una persona si percepisce
internamente (uomo, donna, entrambi, nessuno dei due, fluido, ecc.)
- Espressione di genere: come una persona esprime il
genere (abbigliamento, linguaggio, postura, stile)
- Orientamento affettivo-sessuale: verso chi una persona prova
attrazione emotiva e/o sessuale
Essere queer può riguardare uno o più di questi livelli, ma non li presuppone tutti.
- Non definisce una categoria precisa
- Non è una diagnosi
- Non è una fase
Queer può
riguardare quindi:
- l’identità di genere
- l’espressione di genere
- l’orientamento
affettivo-sessuale
- oppure più livelli insieme
Non esiste
un “profilo standard” queer. Ed è proprio questo il punto.
2. Queer
non significa “contro”, significa “oltre”
Un altro equivoco
diffuso è pensare che queer significhi essere “contro” qualcosa: contro
la famiglia, contro le relazioni stabili, contro le categorie, contro la norma.
In realtà,
nella maggior parte dei casi, significa non voler essere costretti dentro
definizioni che non funzionano.
È una
posizione che non nega la norma, ma la relativizza.
Che non rifiuta le categorie, ma rifiuta che siano obbligatorie.
Essere queer significa rivendicare la libertà di vivere la propria identità di genere, il proprio orientamento romantico e sessuale, la propria espressione di genere e la propria sessualità, senza dover rientrare per forza in definizioni fisse o limitanti.
3. Essere Queer è la stessa cosa che
essere LGBTQIA+?
Non
esattamente.
- LGBTQIA+ è un acronimo che elenca
identità specifiche
- Queer è una cornice più ampia e
flessibile
Alcune
persone LGBTQIA+ si definiscono queer, altre no.
Alcune persone queer non si riconoscono in nessuna lettera specifica
dell’acronimo.
Queer non
sostituisce le altre identità: le attraversa.
4. Essere
Queer significa non avere un’identità chiara?
No.
Significa non voler ridurre la propria identità a definizioni rigide.
Dal punto di
vista psicologico, molte persone queer hanno una chiara consapevolezza
interna di sé; ciò che può essere complesso è tradurla nelle categorie
sociali tradizionali.
La
difficoltà, quando c’è, nasce più spesso dal contesto che dall’identità.
5. È una
moda o qualcosa che “prima non esisteva”?
No.
Le persone con esperienze non conformi alla norma sono sempre esistite.
Ciò che è
cambiato è:
- il linguaggio disponibile
- la visibilità sociale
- la possibilità di nominare
l’esperienza senza patologizzarla
Quando una
realtà viene nominata, non nasce: diventa riconoscibile.
6. Essere
queer è una scelta?
No:
essere queer non è una scelta.
Le persone
non scelgono la propria identità di genere, il proprio orientamento
affettivo-sessuale o il modo in cui sentono di stare nel mondo.
Questi aspetti emergono dall’esperienza soggettiva profonda, non da un atto di
volontà.
Ciò che può
essere una scelta, invece, è se e come nominare questa esperienza.
Molte
persone scelgono la parola queer perché:
- non si riconoscono nelle
etichette tradizionali
- percepiscono la propria identità
come fluida o non binaria
- desiderano una definizione meno
rigida e più aderente al proprio vissuto
- vogliono sottrarsi a categorie
percepite come limitanti
In questo
senso, queer non è qualcosa che “si diventa per decisione”, ma una cornice
linguistica che alcune persone trovano utile per descriversi.
7. Essere
queer è legato a sofferenza psicologica?
Non di per
sé.
La ricerca
psicologica mostra che la sofferenza, quando presente, è spesso legata al contesto
ambientale in cui la persona queer vive (famiglia, scuola, cultura di
appartenenza…):
- stigma
- invalidazione
- isolamento
- aspettative sociali rigide
Non
all’identità queer in quanto tale.
In contesti
sufficientemente accoglienti, l’identità queer non è un fattore di rischio, ma
può diventare una risorsa di consapevolezza e autenticità.
8. Cosa
significa “famiglia queer”?
La “famiglia
queer” è un concetto che si allontana dall’immagine classica della famiglia
composta da padre, madre e figli, basata su ruoli e funzioni predeterminati dal
genere e dalla biologia.
Invece, la
famiglia queer è un’entità fluida, composta da persone che scelgono di
costituire legami affettivi, di mutuo sostegno e condivisione di vita,
indipendentemente dai legami di sangue, dal sesso, dall’orientamento romantico
e sessuale o dall’identità di genere.
La
famiglia queer può essere formata da amici, partner, coinquilini, persone che
si sostengono a vicenda e che creano nuovi modelli di convivenza, basati
sull’amore, la cura reciproca, il rispetto e la scelta volontaria.
9. Serve
per forza “dirlo” agli altri?
No.
Dal punto di
vista psicologico, il coming out non è un obbligo né una tappa
universale.
È una scelta personale e contestuale.
La domanda
utile non è “lo devo dire?”, ma:
“In questo
contesto, per me, è sicuro e significativo dirlo?”
10.
Perché è importante parlarne anche in psicologia?
Perché le
parole che una persona ha per descriversi modellano il modo in cui vive se
stessa.
Quando un’esperienza non ha un nome, tende a essere vissuta come errore,
confusione o mancanza.
La
psicologia non serve a “normalizzare” le persone, ma a rendere abitabile
l’esperienza umana, anche quando non rientra negli schemi standard.
Parlare di queer in psicologia significa riconoscere che il disagio, spesso,
non nasce dall’identità, ma dall’obbligo di adattarsi a definizioni che non
funzionano.
E quando una
persona smette di sentirsi sbagliata e inizia a sentirsi comprensibile non è dibattito culturale è salute mentale.
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